E’ con immenso piacere che pubblico un articolo scritto per noi dalla Dottoressa Lorenza Stimamiglio, che oltre a essere una mia sorella d’anima, è laureata in lettere moderne e ha approfondito lo studio, anche archetipico e simbolico delle fiabe, grazie Lorenza!
“Ricordo con nostalgia mio padre, che da piccola veniva intorno al mio letto e a quello dei miei fratelli per raccontarci delle storie che lui si inventava per farci dormire. E mia madre, quando ero ammalata, mi portava in camera il registratore per ascoltare le audio cassette di favole e aiutarmi a superare la noia e il malessere fisico. Quando poi sono diventata madre ho scelto di leggere la sera ai miei bambini infilati nel letto le fiabe italiane raccolte da Italo Calvino e pubblicate la prima volta nel 1956, unificando così la mia passione per il racconto, a quella per la tradizione, coltivate nei miei studi umanistici. Perché fin da ragazzina ho sentito la spinta a cercare la felicità e a chiedermi come potessi raggiungerla.
E così è stato spontaneo, parlando recentemente alla mia figlia più piccola, ormai ventenne, scoraggiata dalle difficoltà di questi ultimi due anni, dirle che nella vita succede proprio come nelle fiabe.
Tu lasci il tuo paese natale perché hai sentito parlare di un lontano reame e vuoi tentare la fortuna, e durante il viaggio fai degli incontri: per esempio delle formichine in difficoltà. Che c’entrano le formichine con la tua voglia di raggiungere il reame incantato? Nulla, ma tu fermi il tuo cammino e le aiuti. E quando ti ritrovi prigioniero nel castello del mago cattivo di fronte a una prova impossibile, e cioè separare in una notte tutte le granaglie che riempiono una stanza immensa, ecco che quelle stesse formichine arrivano, la compiono per te, e ti salvano la vita, come tu l’hai salvata a loro.
È la capacità relazionale la competenza più importante che devi acquistare per realizzare la tua umanità e la tua vita, e per superare i momenti più difficili. Se sei aperto agli incontri ed ai rapporti riconosci facilmente in tutti gli altri gli stessi bisogni che hai tu. Lo scrive Calvino nella prefazione al suo lavoro sulle fiabe, come loro carattere essenziale: “la comune sorte di soggiacere a incantesimi, cioè di essere determinato da forze complesse e sconosciute e lo sforzo per liberarsi (…) anzi il non potersi liberare da soli, il liberarsi liberando”. Bellissimo motto, quest’ultimo, da assumere come programma di vita: LIBERARSI LIBERANDO.
Tanto che i personaggi incapaci di seguire questa logica, che provano invidia e avidità, finiscono male: o muoiono, oppure non riescono a diventare re, o a realizzarsi nella dimensione più gratificante della vita, quella dell’amore. Non c’è morte peggiore di quella interiore, non c’è condanna peggiore dell’isolamento, non c’è fallimento peggiore dell’incapacità di realizzare la propria vita, o di credere di realizzarla eliminando gli altri percepiti come rivali.
“Le fiabe sono vere”, ci avvisa Calvino, “sono una spiegazione generale della vita nata in tempi remoti, e serbata nel lento ruminio delle coscienze contadine fino a noi”. Ecco che torna la tradizione popolare, che anche un grande intellettuale come lui riconosceva, dopo due anni di immersione in questo lavoro, per sua stessa ammissione dapprima con distacco e poi sempre più appassionato. La saggezza della tradizione non nasconde nulla alle nuove generazioni: le difficoltà della vita vengono dalle relazioni più vicine. Mi è capitato più volte di rifletterci da adulta e di rendermi conto della veridicità di certe figure delle fiabe. Faccio un esempio: la matrigna. Mi sono accorta con dispiacere che in certe occasioni lo sono stata nei confronti della figlia che mi assomiglia di meno: come la matrigna non dico di Biancaneve, completamente accecata dalla invidia (eppure ce ne sono di madri che feriscono interiormente le figlie, a volte irrimediabilmente), ma di quella di Cenerentola, che favoriva le altre due.
Che dire poi di Barbablù, dove viene affrontata direttamente una terribile tematica che riempie drammaticamente le cronache nere. Uxoricidio che, come ormai sappiamo, può avvenire anche solo a livello psichico, con la negazione del riconoscimento e della soddisfazione alla propria compagna.
Come se ne esce? Innanzitutto sapendolo, e a questo servono le fiabe, così come la migliore letteratura e le scienze psicologiche. E poi accettando di riconoscerlo nella propria vita, con un lavoro di autocoscienza e di purificazione dei propri errori. Con una indicazione temporale, che ci arriva ancora una volta dalla tradizione popolare: dalla pancia del lupo esce, insieme alla nonna, Cappuccetto Rosso, ovvero la terza generazione.”